Tema caldo: Le Ferie

Voglio essere onesta.
Molto onesta.
Io le ferie le odio.

Le ferie degli altri, si intende.

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Causa accavallamenti segretariali sul lavoro, io di ferie ne faccio ben poche. Due settimane rigorosamente ad agosto, rigorosamente quando anche il mio boss è via; due/tre giorni a Natale perchè altrimenti casca il mondo, un ponte massimo due l’anno e solo se il tutto si incastra perfettamente con le esigenze delle due colleghe che ricoprono lo stesso ruolo.
No, non mi va bene, ma al momento non posso farci nulla, quindi come ogni anno a fine luglio anche venerdì scorso si è aperta la “stagione della pantomima”.

Un ciao ciao ai colleghi di alto rango che spariscono per tre/quattro settimane, un “divertiti” alla collega che è perennemente in ferie, tanto da chiedersi se per lei ogni mese si accumulino 4 giorni invece che due, un saluto dignitoso e rispettoso ai superboss che intraprendono viaggi intercontinentali e via dicendo. Conscia che le due settimane a venire avrebbero aggiunto alla frustrazione di dover lavorare, la rabbia di essere considerata, improvvisamente e del tutto arbitrariamente, il punto di riferimento dell’intera azienda.

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Se normalmente non vali un cazzo e tutti te lo fanno notare parlandoti perennemente come se fossi una minorata mentale o una povera crista stipendiata per pura cortesia/carità/compassione, ad agosto sei un genio in tutti i settori: amministrativo, finanziario, legale, tecnico.

Memorabile lo scorso anno quando mi arriva una mail da uno dei superboss che mi invitava a telefonare alla responsabile del financing di una nota banca per prendere accordi in merito al rinnovo di un contratto. Alla mia domanda “Ma scusi, io non so nemmeno di cosa stiamo parlando, come faccio a concordare?” la risposta è stata “Guardi, basta che vi vediate dieci minuti e che venga stilato il documento, poi a settembre ci pensiamo…”

E questo non è nulla.
Posso anche guardare in faccia la super-responsabile del financing e dire “Mi dispiace ma in office sono rimasta solo io, quindi le tocca interfacciarsi con la segretaria” e buttare tutto sul ridere, ma che non posso accettare e che mi irrita oltre misura è l’esistenza del Blackberry prima e dello Smartphone oggi.

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Questo aggeggio di Satana ha rovinato intere generazioni di sottoposti.
Tempo fa, al massimo il capo poteva telefonare e rompere i coglioni a quelli che erano in office. Ma c’era sempre l’imprevisto. In barca a vela non c’erano telefoni, nel villaggio 18 stelle in Malesia il costo era troppo elevato, c’era lo sbatta di dover trovare il telefono e recarsi sul posto, ricordarsi il numero dell’ufficio…. insomma tutte quelle cose che rendevano più menoso il telefonare alla segretaria per chiedere “tutto ok?”.

Ora invece si può comunicare ovunque. Costantemente. Sempre.
E se in parte le telefonate sono solo per accertarsi che tu sia seduta alla scrivania e non al cazzeggio con i 4 sfigati rimasti in office, in parte questo permette a chi è in ferie (nel mio caso si passa indistintamente dalla mail del boss supremo alla whatsappata del collega comune) di scartavetrare i coglioni di chi è in ufficio.

Io sono una tizia semplice.
Non hai un cazzo da fare? Vai in ferie.
Hai 125 lavori in sospeso? Stai a lavorare.

No.
Loro vanno in ferie e poi scrivono, chiamano, whatsappano, postano, insomma continuano a lavorare dal mare, montagna, divano di casa.
Uno: sei un pirla perchè ti stai perdendo le ferie, metti giù l’Iphone e scopati la cernia che ti sei sposato invece di mandare le mail a me che saprei benissimo come occupare il tempo se mi permettessero di fare le ferie.
Due: mi rovini l’ambiente semi/rilassato che si crea quando il 70% dei colleghi è fuori dai coglioni.
Tre: gioca con i bambini dei quali mi parli ogni fottuto giorno che dio manda in gloria lamentandoti che a causa del lavoro non li vedi mai. Non ho mai creduto che il tuo dispiacere fosse vero ma se dobbiamo interpretare un ruolo facciamolo bene, tu per primo.

No. Non cercate con me di fare il discorso: “Pensa che loro poverini sono in ferie e devono lavorare”

Non funziona.
Se devi lavorare, stai in ufficio, poi ti fai le due centrali d’agosto (lo sanno tutti che il mondo si ferma) e torni per l’ultima, così riesci a non generare danni e a non rompere il cazzo a quelli che sono COSTRETTI a stare in office.
Se invece vuoi prenderti 4 settimane perchè hai accampato scuse inutili e il capo pur di non vederti più te le ha concesse, allora passale facendo qualsiasi cosa, tranne scrivere a destra e a manca impartendo ordini.

Per caso, quando io sono in ferie, chiamo ossessivamente? Scrivo ossessivamente? Mollo il mio lavoro in sospeso agli altri?
No.

Stress-da-ufficio

Polemica?
As Usual.
Il punto è che più si hanno lavori di un certo spessore, carichi di responsabilità, ridondanti di sigle e inglesismi, più si latita durante il periodo estivo, lasciando che la baracca venga stancamente trascinata dal carro di buoi fino a settembre. Tuttavia, per far sentire l’aura di potere di cui sono circondati, anche quando non sono fisicamente presenti scrivono, impongono, scassano le palle anche peggio di quando sono in office.
Ma se hai così tanto da fare, perchè non facciamo cambio e tu stai qui a lavorare mentre io mi godo le ferie? Io, che vi ricordo, per 11 mesi e mezzo non conto un cazzo nell’economia aziendale.

Perchè l’anno prossimo non invertiamo i ruoli, tu stai al lavoro ed io scrivo dicendo alla receptionist che può chiedere a te per qualsiasi menata, poi ti chiamo chiedendoti come mai in amministrazione non c’è nessuno, poi ti whatsappo chiedendoti di recuperare un documento del quale io non ricordo nulla, ma cercando tra le 2000000 mail che hai nel pc dovresti trovare qualcosa relativo a quella cosa che abbiamo fatto nel 2013 o era il 2012? Pazienza, si tratta solo di cercare un po’ in giro.

Ah beh, ovviamente poi ti assillerò con domande esistenziali “Ma come faccio a fare questa cosa se non c’è chi la fa di solito e non c’è nemmeno un sostituto ed io ne ho bisogno ORA ? Anzi, ieri.”

Vediamo se poi non ti viene voglia di mandarmi affanculo.
Io mi sono incazzata persino scrivendo !!!!

Ferie !!! Io le vostre le abolirei !!!!

Poschina 

Andiamo a Random

Ok, oggi salteremo senza alcuna logica da un argomento all’altro, così come mi vengono in mente… 

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I bambini vomitano

I loro genitori vi diranno che non è vero, che capita raramente e altre falsità per proteggere un segreto custodito nelle case di milioni di persone. I bambini vomitano. Ammettiamolo. Diciamolo. Facciamo Coming Out. E parlo di vomito, non di rigurgito, che fa schifo ma almeno non rivolta lo stomaco in modo ingestibile.
Forte di questa consapevolezza, se in treno/metropolitana vedo dei bambini in età post rigurgito, solitamente mi allontano il più possibile. L’altra sera entro nel vagone della metro rossa, vedo che c’è una bambina seduta e già mi stavo allontanando, poi mi sono detta “dai cazzo! non fare la solita stronza che si allontana schifata dai bambini… già hai una pessima reputazione…”. Quindi rimango. 3 minuti dopo la tranquilla bambina si trasforma nella “figlia dell’esorcista” e comincia a produrre quantità industriali di vomito che cerca di spargere il più possibile. Grazie alla mia insospettabile reattività, ho fatto uno zompo indietro e una shiftata laterale che mi hanno permesso di NON essere investita dalla massa disgustosa. Altri 2 secondi ed ero dalla parte opposta del vagone cercando di eliminare dalla mia memoria quello che avevo appena visto. Spoiler: ho ancora gli incubi. Una parte di me provava una certa pena per la povera madre che era in panico nel vano tentativo di arginare i danni generati dal mostro, ma l’altra parte, quella razionale, mi ha impedito anche solo di pensare di aiutarla. Per completezza di informazione aggiungo che non sono stata l’unica a fuggire a gambe levate, insieme a me donne e uomini di qualsiasi età ed estrazione sociale si sono stretti in un abbraccio per superare il trauma.
Giovedì mattina, tanti bei bambini vestiti per carnevale…. non vi dico la fatica per trovare un vagone che ne fosse sprovvisto.

piz buinIl conforto che solo Piz Buin numero 4 può dare

Per anni mi sono chiesta cosa stavo cercando, perchè mi sentissi sempre, costantemente, insoddisfatta. Poi l’ho capito. Improvvisamente.
Cercavo quella sensazione di protezione e di tranquillità che mi infondeva il contatto con alcuni “uomini della mia vita” nei primi anni novanta. Con uomini della mia vita intendo figure maschili che ho avuto l’occasione di frequentare. Ora immaginatemi. Una piccola, inconsapevole Lolita che si aggirava senza alcuna restrizione per una quieta cittadina marittima. Ho tredici anni e qualche mese, sono un misto di innocenza e tette grosse che scatena nei ragazzi grandi quel misto di barzottismo sfrenato e senso di protezione che mi permette di diventare nel giro di una manciata di minuti “la mascotte” da coccolare per eccellenza. La consapevolezza che forse qualcuno di loro aveva anche avuto pensieri impuri mentre mi accoccolavo e mi facevo consolare dalle mie cocenti delusioni amorose, l’ho capito solo più avanti, all’epoca quello che sentivo era di essere protetta. Quel misto di salsedine, piz buin e, come si leggerebbe in un romance d’altri tempi, essenza maschile, mi faceva sentire protetta dal mondo, amata, come se nulla potesse veramente ferirmi. Solo l’anno seguente avrei assaporato il lato eccitante del trovarsi tra le braccia calde e forti di “uomini che sapevano cosa si deve fare con una donna”, ma nel 1993 ero  assetata di quel senso di pace che il misto uomo/piz buin sapeva darmi. No, non ho più provato quella sensazione. Sì, l’ho cercata in modo maniacale senza alcun successo.
E’ per questo motivo che giro costantemente con un barattolo di Piz Buin n. 4 in borsa, per consolarmi nei momenti di disperazione.
Qualche anno fa la Piz Buin ha leggermente modificato la fragranza delle creme solari. NON DOVEVATE FARMI QUESTO !!!!

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Project Runway Italia tende all’imbarazzante

Sono una di quelle persone che guardano America’s Nex Top Model e Project Runway USA. Mi piace Heidi Klum, trovo delizioso il modo in cui Nina Garcia stronca gli Outfit peggiori, amo Michael Kors e di solito mi affeziono nel giro di 2 minuti ad uno dei concorrenti e lo difendo anche quando crea lammerda.
Ero curiosa e piena di aspettative nei confronti di PR Italia, salvo poi guardare la prima puntata e bestemmiare per tutto il tempo.
A differenza di Heidi, Eva Herzigova è impalata e impacciata. Sembra che stia costantemente leggendo un testo scritto. Cazzo, hai fatto l’indossatrice e la modella…. è pane per i tuoi denti. Non capisco proprio come sia possibile che sembri ancora alla prima esperienza davanti ad una telecamera.
Ho definito i concorrenti ” per metà moderatamente antipatici e per metà completamente insopportabili” e dopo aver visto il secondo episodio confermo in pieno.
Infantili o antipatici per la maggioranza, gli altri sembrano dei sociopatici. Uno di loro sembrava indossasse un pigiama di pessima fattura. E questo potrebbe essere uno dei giganti della moda del futuro. Per dio no!!!
Ok, io sono un cesso e di moda non capisco una sega, per me moda significa Jeans e T-shirt, ma il piagiamone azzurrino caro il mio ambizioso stilista te lo metti tu.
Oltre a Eva abbiamo anche Alberta Ferretti, che ogni tanto dice cose intelligenti e Tomaso Trussardi, che ancora non ho capito se è quello che ha ingravidato la Hunziker o meno, ma si distingue per l’aria perennemente scazzata e  la strisciante convinzione di essere un gran figo. Si, sei abbastanza scopabile, ma solo se i 150 che sono davanti a te nella lista sono tutti contemporaneamente indisponibili, quindi calmati, scendi dal piedistallo e dì qualcosa di intelligente usando parole italiane. Grazie.
Il tutto è pervaso da una tristezza nazionalpopolare tipicamente italiana. Tutto sembra fittizio e tutti, giudici e concorrenti, sembrano capitati lì per caso.
Non ho alcuna intenzione di smettere di vederlo perchè ho la fisima del cucito, ma spero vivamente che presto torni PR USA perchè ho bisogno di roba fatta bene.

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Sky mi delude per la prima volta

Sky ha una sua dignità ben configurata. Mi garantisce le repliche di 007 con Daniel Craig a scadenze regolari, mi da un sacco di serie TV in prima visione, rispetta gli orari, fa programmi interessanti di arte e cultura generale, bei film, un canale di musica che uso spesso mentre leggo per farmi da sottofondo, la diretta di grandi eventi sportivi e Masterchef.
Masterchef Italia era fatto bene.
Masterchef mi dava grasse soddisfazioni.
Poi cominciano a menarla con “la finale in diretta” ed io mi esalto.
Epic Fail.

In diretta c’è solo la proclamazione del vincitore.
Ci troviamo ai Magazzini Generali con i tre giudici impacciati e imbarazzanti. Cracco parla con la regia convinto che non lo senta nessuno; Carlo: abbiamo sentito tutto. Vergognati.
Bastianich e Barbieri sono troppo imbarazzati per partecipare attivamente, le poche cose che dicono sono fuori luogo e stupide. Poi santo dio, se sento un’altra volta promuovere Masterchef Junior tiro un bestemmione colossale. ABBIAMO CAPITO!!!!

Il tutto peggiora con l’inutile tentativo di intrattenere il pubblico chiacchierando con gli sconfitti. L’unico che risolleva gli animi è Alberto, avrebbero dovuto portarlo sul palco e farlo parlare delle paperine per cercare di salvare la baracca.
Finalmente dopo un’interminabile, squallidissima attesa, arrivano i due finalisti. Almo, unto e bisunto come sempre e Federico, il quale ha avuto un picco di onestà intellettuale che me lo ha fatto apprezzare il minimo sindacale… ammettere “non ho niente nella vita, spero almeno di vincere masterchef” lo ha reso almeno onesto ed ai miei occhi vale molto.

Sì, vince Federico, il quale nemmeno esulta.
Uno dei momenti più tristi della televisione in generale, nemmeno Carlo Conti la notte dell’ultimo dell’anno o Mara Venier quando si è sfracellata la gamba mentre cercava di ballare…..
Ok, certe cose me le aspetto da Mamma Rai.

Da Sky mi aspetto delle scuse per la figura da cioccolatai che ci hanno fatto.

locusta

Gustavo sta bene

E’ con orgoglio che vi informo che anche quest’anno la locusta che ho ospitato durante i mesi freddi è sopravvissuta.
Ogni anno qualche locusta decide che gli anfratti del mio balcone sono il posto ideale per passare l’inverno ed io mi assicuro che stiano bene e non siano eccessivamente disturbati da Yoshi.
Quest’anno ho chiamato l’insettino Gustavo e lui ha approvato facendomi l’occhiolino.
Non so quanti giorni ancora potrò godere della sua compagnia prima che mi lasci e si faccia spiaccicare dalla prima macchina che passa, per ora mi godo le sue passeggiate sui fiori.

Poschina

Week-end tra donne

Dovete sapere che da un paio d’anni è stata inaugurata una nuova deleteria abitudine nella mia famiglia: il Week-end tra donne. Quest’anno è stato deciso un itinerario all’insegna della cultura e del buon cibo: Sabbioneta/Mantova. Partenza Venerdì h. 14.30 – rientro domenica 16.30. Il trio di donne culturalmente interessate è composto da: Me Medesima – Mamma – Zia.

Non farò i loro nomi, in quanto, appartenendo ad un’epoca antica, non amano essere menzionate sui social network, e questo dimostra prima di tutto che sono effettivamente di un livello culturale superiore e poi che non hanno ancora capito il potere del Social. Oggi, se non hai almeno 14 profili diversi su twitter, non sei nessuno.

Ma passiamo alle cose importanti.

Le cose essenziali da sapere per capire bene lo stato disastrato della compagnia sono le seguenti:

–  guidavo io
–  ero in pre-ciclo
–  ho una fervida immaginazione

Andiamo con ordine

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Arriviamo a Sabbioneta alle 16.30 di un venerdì qualunque. Non piove, non fa freddo ma ci sono le giostre proprio in piazza, ossia esattamente dove c’è la maggior concentrazione di monumenti. Tradotto in parole povere, non si vede quasi una sega. Quasi, perchè fortunatamente la galleria, che scopriamo essere la più lunga di non so cosa, è percorribile e quindi si può godere appieno. Non sto qui a tediarvi con stronzate storiche perchè se volete sapere qualcosa di storico su Sabbioneta è sufficiente aprire Wikipedia e leggere. No, io vi parlo di cose che nessuno ha il coraggio di raccontare, quelle cose comico-raccapriccianti che succedono durante i viaggi ma che ci ostiniamo a nascondere come per esempio:

L’ignoranza Storica

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Passeggiando dopo cena giungiamo ad una delle porte della città (ce ne sono due, entrambe splendide e suggestive) e leggiamo il cartello che ci spiega tutte quelle cose noiose e inutili che mia madre legge con un’avidità sorprendente, mentre io mi fermo alla 4a riga. Riga in cui viene fatto riferimento alla dominazione spagnola di parte della Lombardia. A quel punto, mentre mia madre insiste totalmente ignorata dal resto della compagnia a leggere il cartello informativo, io e mia zia ci perdiamo in discussioni animate sulla presunta dominazione spagnola. Dico presunta perchè entrambe non siamo poi così sicure. All’inizio io ostento un “ma certo che ci hanno dominato…. dopo gli Sforza e prima degli austriaci…” salvo poi ritrattare dopo 2 secondi netti perchè sono conscia che la storia non sia il mio forte. Ci perdiamo una decina di minuti buoni prima che a qualcuno di noi, non ricordo chi, sovvenga la reminescenza liceale dei Promessi sposi, della peste, dei lanzichenecchi e da lì una bella grassa risata a nascondere l’imbarazzo per l’ignoranza dimostrata e via, verso un nuovo dilemma letterario: Romeo è stato inviato a Mantova dopo l’omicidio di Tebaldo per vendicare Mercuzio? La risposta è sì. Ma per sentirmi davvero sicura, cerco sul mio smartphone, chiedo via SMS a mio padre (il quale risponde che non lo sa perchè  a lui interessa solo Giulietta) e mi sforzo talmente tanto da farmi venire l’emicrania … alla fine però sono contenta, non ho passato 30 a studiare per niente. Certo, non so che gli spagnoli hanno dominato la Lombardia, ma so, dopo un notevole sforzo di memoria, che Romeo è stato esiliato a Mantova. Molto ma molto utile. Mentre riflettiamo in silenzio sulla nostra ignoranza. scopriamo una cosa stupefacente:

Mia madre ha la supervista ma traduce il latino A CAZZO !

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Sulla porta c’è una pietra con un’iscrizione in latino (che nessuno di noi conosce e che quindi ignoriamo come se non fosse in effetti la cosa più importante di quel monumento). Io e la zia ci concentriamo per riuscire almeno a distinguere le lettere, mentre mia madre in 3 secondi netti legge tutto, persino le iscrizioni più piccole e più sbiadite. Incredibile. Parte una discussione animata su quanto le lenti a poco prezzo siano migliori delle Zeiss che costano come la rata di un mutuo. E’ il classico superpotere inutile come le unghie di Meg, perchè tutte le scritte vagamente importanti si riveleranno essere in latino quindi mamma in effetti le riesce a leggere, ma poi traduce a cazzo. 
La serata intanto procede tranquilla fino a quando non compare la tanto agognata

Nebbia

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Eccola, finalmente.
Dico finalmente perchè mia madre è ossessionata dall’idea della nebbia. Avrà detto “nebbia” almeno un triliardo di volte in mezza giornata e finalmente, intorno alle 21.30, eccola arrivare. Io avevo appena pronunciato la seguente frase con aria alquanto saccente: “Sapete, non credo che qui, dentro le mura, ci sia il classico nebbione che non si vede ad un palmo di naso, proprio perchè le mura impediscono all’umidità di penetrare nella struttura….” e mentre pontificavo su cose delle quali non so palesemente un cazzo, veniamo avvolte da una coltre di nebbia che nemmeno nei racconti di Maigret….

E dal quel momento la serata svolta.
Sì, perchè la mia fervida immaginazione comincia a viaggiare e mi immagino immersa nella nebbia, con uno splendido vestito ottocentesco mentre mi aggiro per le nebbiose, strette vie di Sabbioneta, intenta a raggiungere il mio amante per una notte di piaceri, manco fossi un’eroina della Kleypas. E non mi toglierò questa sensazione per tutta la sera. Inutile sottolineare che nel mio ottocento ci sono tutte le comodità del 21° secolo, quindi io e il mio amante non puzziamo MAI, nemmeno in piena estate, facciamo docce pornografiche insieme, ci rincorriamo mezzi nudi sulle mura, ci struggiamo per il nostro amore puro, profondo e sincero, ostacolato dalle nostre famiglie….e via dicendo.

E mentre fantastico alla grande e sorrido come una scema protetta dal nebbione, comincia l’ossessiva

Ricerca della Sinagoga

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Forse voi non ci siete mai stati e quindi non potete saperlo ma Sabbioneta è un buco di culo. 20 minuti e l’hai girata tutta un paio di volte. Bellissima ma piccolissima. Quindi il fatto che noi tre non riuscissimo a trovare la Sinagoga stava diventando un problema serio. Esasperate alla fine ci arrendiamo e prendiamo la mappa rubata in hotel dalla quale si evince che siamo passati davanti alla sinagoga almeno 4 volte negli ultimi 5 giri. In effetti, ogni volta che raggiungevamo la piazza venivamo distratte da qualcosa:

– ceramiche nella vetrina di un negozio
– facciata di una chiesa
– telefonate moleste degli uomini
– finestrella molto carina e old style sulla casa di sinistra

in pratica nessuno aveva mai girato la testa verso destra per scoprire che la sinagoga era lì con tanto di cartellone informativo che mia madre ha letto ad alta voce nell’indifferenza generale. E mentre stiamo sghignazzando per la nostra incapacità di vedere le cose sotto il nostro naso giungiamo in una piazzetta dove un particolare diventa fondamentale:

La bifora della zia

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Piazza composta da ben due palazzi con altrettante schede informative tutte per mia mamma, la quale ha anche l’occasione di utilizzare il potere della supervista e della traduzione a cazzo in quanto su entrambi i palazzi sono presenti ben due iscrizioni in latino ormai quasi illeggibili per gente con la vista normale.
Sul palazzo di sinistra spicca una bifora e mia zia si illumina. A Natale giuro le regalo una bifora. Si appassiona a tal punto che quella piazza verrà ricordata e catalogata come “il palazzo con la bifora della zia” e così verrà raccontato ai posteri. Esattamente con queste parole inutili e illuminanti. Anzi, in realtà ad ogni bifora partiva un’esclamazione di giubilo. E capiamoci a Sabbioneta e Mantova le bifore sono come quelli che non si lavano in metropolitana: ovunque.
Il palazzo della bifora è un ex ricovero. O meglio, sul pannello illustrativo c’è solo scritto che nell’anno tal de tali è diventato un ricovero, così mia mamma passa tutta la sera e tutto il giorno dopo a Mantova, rimuginando sul fatto che c’è scritto che è un ricovero ma sembra disabitato.

A nulla valgono le rassicurazioni della zia e mie sul fatto che probabilmente il ricovero è chiuso da anni e che quindi sia perfettamente normale che non ci sia alcuna luce. Conoscendo mia madre si è già fatta un film nel quale i vecchietti del circondario vengono tenuti nel buio più totale e a digiuno, torturati dalla famosa Loggia Massonica Sabbionetana. E questo mi fa venire in mente

L’ossessione di mia madre per le abitazioni e gli abitanti

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Credo che nei 3 gg. passati a Sabbioneta mia madre abbia osservato con ossessività ogni abitante della cittadina cercando di carpire, in base a piccoli dettagli, quale fosse il suo ruolo nel mondo. Allo stesso modo ficcava il naso in ogni citofono, cassetta delle lettere, portone che le capitasse a tiro. Invece di godersi l’atmosfera, passava il tempo chiedendo “Come mai non si vedono luci accese?” oppure “Ma sarà abitata quella casa?” e affermando “Secondo me sono tutte seconde case…. impossibile che non ci siano luci accese”.

La condizione della donna

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Ovunque io vada, sono letteralmente perseguitata dalla “condizione della donna”. Non è colpa mia. A Palazzo Ducale di Mantova, infatti, scopriamo che c’è un’interessantissima mostra che espone ritratti e cimeli delle “donne spose”. Atti notarili nei quali venivano elencate le doti delle spose, contratti prematrimoniali, lettere, ninnoli, e quant’altro. Il tutto a testimonianza di quanto all’epoca il matrimonio fosse solo ed esclusivamente un contratto d’affari.

Tra tutte le meraviglie che ho visto a Palazzo Ducale mi è rimasto impresso il roof garden, bellissimo ed estremamente poetico.

Ma più di tutto il ritratto di “Vecchia popolana che cuce”; una raccapricciante immagine di una vecchiarda che a pensarci been avrà avuto sì e no la mia età e che mi ha fatto riflettere moltissimo su quanto io sia fortunata ad essere nata popolana nel 21° secolo e non nel cinquecento, altrimenti oltre ad essere sfigata e povera, a trent’anni sarei stata anche bruttissima e rugosissima, in procinto di tirare le cuoia, invece di una splendida 33enne coperta da strati e strati di make-up per cercare di mascherare gli di esposizione solare selvaggia.

Parlando di condizione della donna arriviamo al punto chiave

Palazzo Te

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che mi sento di definire senza alcuna vergogna “la cosa più bella che abbia mai visto” e che è stata costruita come “luogo di piacere” in cui confinare l’amante di Francesco Gonzaga, Isabella Boschetti.

Parliamone.

A me ai tempi d’oro in cui ero l’altra, nemmeno un anellino di tolla e a lei PALAZZO TE.
E che cazzo !!!!
Non mi sembra giusto. Pretendo perlomeno delle scuse ufficiali. SUBITO.

Palazzo Te è il palazzo dove ho sempre sognato di vivere. Abbastanza grande per poter stare da soli se si vuole e sufficientemente raccolto da non farti sentire solo dentro. Riccamente decorato, con soffitti straordinari e decorazioni pittoriche da sburro, ha anche una bellissima stanza che è sicuramente la mia stanza preferita al mondo. Una camera, uno spazio per il cesso, vista giardino interno e soprattutto una stanzina più piccola, ma comunicante, per Yoshi. Ovviamente c’è anche l’ala segreta dove io e il mio amante (inutile dire che anche in questa fantasia l’amore  è contrastato) ci incontriamo nella nebbiosa e fredda notte mantovana. Che dire?

Ciao Belli alla prossima.

Poschina

ok. non vi ho detto un’altra cosa

L’ipersensibilità all’emiliano

Non è certo colpa mia se quando sento parlare qualcuno in emiliano/romagnolo mi viene voglia di infrattarmi con lui immediatamente. Vi dico solo che Sabbioneta è vicinissima a Parma. E a Parma il dialetto è emiliano. Quindi uomo dei tortellini e ragazzo della trattoria, ringraziate il mio autocontrollo per avervi risparmiato l’umiliazione di essere ritrovati legati nudi nelle campagne sabbionetane/parmensi parzialmente sbocconcellati dalle nutrie.

Serata Revival: Pretty Woman

Prima di tutto vorrei che mi ringraziaste perchè l’idea era quella di aprirvi il mio cuore annoiandovi oltre l’immaginabile.

Dopo i ringraziamenti faccio una doverosa considerazione: essendo attanagliata dalla gastrite, non rispondo di quello che scrivo. Una mossa una po’ alla Berlusca,  ma capiamoci, io devo pur sopravvivere in questo mondo boia.

E a questo punto mi sovviene l’immagine di una T-shirt che aveva un amico quando ero adolescente e che mi faceva letteralmente morire dal ridere:

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ok, ho avuto un’adolescenza terrificante, so what?

Ma passiamo all’argomento principe della giornata: Pretty Woman

Per la ben nota regola dei tre anni che non sto a rispiegare, io l’ho visto che avevo 13/14 anni, mese più mese meno. Ma in realtà questo mese più mese meno fa la differenza. A 13 anni e 10 mesi per esempio, ero una ragazzina spensierata e pettinata di merda che si aggirava per i corridoi della g.b. Vico con aria curiosa nei confronti del mondo. A 14 anni e 7 mesi avevo un carrè della madonna, un bellissimo vestito lungo nero che si abbottonava sul davanti; ma non riuscivo a chiudere il primo bottone sulle zinne, quindi mi si vedeva il pizzo del reggiseno. E’ così che ho scoperto l’ossessione maschile per le tette. Ma soprattutto ho scoperto che questa parte del mio corpo attirava l’attenzione maschile. E’ stato l’inizio della fine. Ero già pienamente adolescente e un film come Pretty Woman avrebbe potuto essere deleterio.

Infatti lo fu.

Sapete già che intorno ai 12 anni avevo scoperto gli “Harmony”. Quindi potete immaginare l’impatto di vedere uno di questi racconti in carne ed ossa. Pretty Woman, appunto.

Ma andiamo con ordine.

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Trama (da Wiki): Vivian Ward è una giovane prostituta di Hollywood, ma la sua vita è destinata a cambiare nel momento in cui incontra Edward Lewis, un affarista miliardario e senza scrupoli appena uscito dall’ennesimo fallimento sentimentale. La sua strategia lavorativa consiste nell’acquistare compagnie con difficoltà economiche, sull’orlo del fallimento, per poi rivenderle in piccole parti, in modo che il ricavo della vendita delle singole parti sia maggiore della spesa per l’intera compagnia. Edward incontra Vivian e rimanendone affascinato, propone alla ragazza un “affare”: restare con lui per l’intera settimana ad un prezzo da capogiro. La ragazza accetta. Il rapporto fra Edward e Vivian sembra inizialmente solo professionale, ma stando insieme lei tirerà fuori il meglio di Edward.

Notiziona curiosa, all’epoca la nostra Julia aveva 23 anni e sembrava una di 35. Ora ne ha 45 e sembra una di 20. Questa è Hollywood bellezza !!!!

shock the hell

Passiamo ai dettagli. Facciamo quindi che io avessi già i famosi 14 anni e 7 mesi e che avessi imparato ad usare le tette come specchietto per le allodole…. bene. Non avrei mai e poi mai dovuto vedere un film come questo. Anche lui, alla stregua di “Flashdance” ha rinvigorito la mia passione per i vecchi, benchè, a riguardarlo ora, Richard Gere non sembri poi così attempato nonostante la brizzolatura. Fatto sta che il messaggio è sempre quello, quello che ha caratterizzato la mia adolescenza: un giorno un uomo maturo e straricco si innamorerà di te e ti farà vivere nel lusso più sfrenato rendendoti anche una figa della madonna. MAI lasciare che un’adolescente, anzi, una neoadolescente guardi senza la presenza di un’adulta disillusa certi film. E vero che io compensavo con roba tipo “Come eravamo” oppure “Notorius” nel quale tutti  ricordiamo Cary Grant vendere Ingrid ad uno zozzo nazista solo per salvare la Patria; ma a 14 anni e 7 mesi è facile credere che farai la fine di Julia e non quella di Barbra.

sex in water

Che poi, ora come ora non mi farei sbattere nè da Richard, nè tantomeno da Robert. Perchè entrambi, ora, non mi fanno sesso. Ma a 14 anni, tutto è ormonale. Quindi, nonostante la disgustosa scena di loro due avvinghiati nella vasca, a me Richard piaceva, mi dava sicurezza, mi faceva sentire protetta. Ed è qui il vero messaggio del film. Il vero deleterio messaggio del film: l’uomo ti protegge. L’uomo ti cambia in meglio. E, peggio del peggio: L’UOMO CAMBIA PER TE, GRAZIE A TE.

Che poi parliamone, io preferisco di gran lunga la Julia before Ed:

julia before

piuttosto della vecchia squallidona della Julia after Ed:

julia after

julia after 2

che sembra mia nonna o la brutta imitazione della Regina Elisabetta.

E preferisco anche l’Ed tutto affari e freddezza, piuttosto dell’idiota che si arrampica su una scala antincendio con un orrendo mazzo di fiori in mano… davvero, da un uomo del tuo calibro mi sarei aspettata qualcosa di più. E tra l’altro… arrampicarti come un ladruncolo qualsiasi…. Shame on You !!!!

pretty-woman

Nonostante la feroce critica al messaggio diseducativo espresso dal film io LO ADORO.

L’ho finalmente visto in lingua originale scoprendo che Julia Roberts ha una bella voce giovane e squillante che si addice molto di più al personaggio di quella italiana e che Richard Gere oltre ad essere la monoespressività fatta ad attore, ha una voce mediocre, in pratica nulla che ti faccia attorcigliare le budella ed avere un orgasmo istantaneo. Ora che ci penso…. molti attori americani hanno una voce mediocre in originale, spesso poco “virile”, ma questa è un’altra storia. Ricordo ancora lo shock sentendo McDreamy…. Invece McSteamy…. 

By the way: Ci sono molti motivi per non vedere Pretty Woman, per esempio il fatto di essere uomo potrebbe non farvi desiderare ardentemente di sorbirvelo, oppure l’essere donne tutte d’un pezzo per le quali la sola idea di avere un uomo che vi tira fuori dalla melma e vi riempie di soldi e vestiti Armani vi disgusta in modo inimmaginabile, oppure vi fa cagare Richard Gere e non ve lo puppereste nemmeno per soldi.

Tuttavia, c’è una validerrima ragione per superare i vostri traumi e destinare un paio d’ore alla memorabile visione. Fairytale.

Sì. Perchè parliamone. Anche noi comuni tardoadolescenti – postfemministe convinte, esattamente come Vivian, vogliamo la FAVOLA.

E Pretty Woman è un bel favolozzo infiocchettato e pronto per essere gustato a dovere. Quindi piantatela di argomentare scuse inutili e guardatelo. SUBITO!!!!

Poschina – Fairytales Addicted

Yoshi The Beagle e l’incommensurabile gioia di possedere un animale domestico

Ormai voi 4 carrissimi assidui lettori lo sapete bene.
Possiedo un cane.
Un Beagle.
Senza Pedigree, quindi non posso farlo accoppiare e fare soldi con i cuccioli.
 Dovete sapere che appena raccattato dalle calde lande desolate siciliane, tutti ma proprio tutti mi hanno detto “No !!!! Un Beagle !!!! Ma sei pazza?” Ed io mi chiedevo perchè tutto questo astio nei confronti di un cane così carino, tenero e tranquillo.

Ora capisco.

Vedendo immagini come questa:

 

Una persona potrebbe immaginare che Yoshi sia uno di quei cani fieri, che girano per le strade senza guinzaglio a testa alta, a due metri massimo di distanza dal proprio padrone e che camminano con un’andatura ritmata ed elegantissima.

No.
Le cose non stanno proprio così.

Se a casa è un cane modello , come potete notare dalla posa da manuale che assume in questa foto

 

ed è anche particolarmente affettuoso, basta uscire di casa (già sul balcone mostra i primi segni di squilibrio) e si trasforma in un giovane anarchico con la fissa della caccia, pianta il muso a terra, tu ex padrone adorato non conti un cazzo, coda alta e perennemente scodinzolante (utilissima per rintracciarlo nelle sterpaglie), sgrufolamento e massima potenza sui garretti.

Finisce che se vai dietro casa al solito giro, va tutto bene, perchè al massimo vede le lucertole e si mette a scavare finchè non le stana.

Ma se vai in posti come questo:

 

dove convivono le sterpaglie e il bosco…. è la vostra fine.

Io che sono una di quelle tipiche odiose italiane ansiose, ero restia nel liberarlo. CCNDEN invece mi ha convinta che in fondo ha bisogno, povero cicci, di sfogarsi e di fare esperienza. E così, ieri, lo abbiamo sguinzagliato.

Tre metri dopo si stava strusciando su una merda di cavallo. Fortunatamente semi-secca.

Dieci minuti dopo si è intrufolato nel bosco ed è sparito.
Altri cinque/sei minuti di assenza e lo vediamo tornare, garrulo e scatenatisimo, a velocità supersonica verso di noi… e man mano che si avvicina ci accorgiamo che è di uno strano colore…diciamo color merda di cavallo fresca.
Si avvicina e dal tanfo appare chiarissimo che il suo passatenpo nei 10 minuti antecedenti era stato quello di rotolarsi felice nella merda.

La provvidenza ha voluto che un bel torrentello accompagnasse la nostra passeggiata, lo abbiamo guinzagliato e mentre ci dirigevamo al suddetto torrentello tanto gradito, l’idiota si è fiondato su una sciolta umana. Tradotto, si è fiondato su una diarrea umana di dimensioni inquietanti.

Sì, lui

 

che in questa immagine vi guarda un po’ assonnato alla ricerca di affetto, ha fatto l’indicibile.

Lo abbiamo costretto a mollo per una decina di minuti che grazie a madre natura hanno tolto almeno la merda umana, e poi lo abbiamo tenuto vicino vicino con il nostro guinzaglio estensibile.

Dopo due lavaggi a base di sapone di marsiglia (non avevo shampoo per cani ma oggi ho fatto scorta) finalmente l’odore di stallatico è solo lieve, non più appestante. Ma il ricordo di quello che ha fatto mi perseguiterà tutta la vita.

Che dire? Volete un cane? Uno di quelli che stanno a due metri di distanza da voi, fieri ed eleganti? Ok. Non un Beagle. Un Beagle è allegro, giocherellone, dolcissimo, buffo e ladruncolo. Ma prima di tutto è un cane da caccia, quindi ricordatevi che se togliete il guinzaglio lui parte per la tangente e torna quando vuole lui. Una lucertola, un’ape, una scolopendra saranno sempre e comunque più interessanti di qualsiasi cosa voi stiate facendo per attirare la sua attenzione. 

Volete un cane che vi fa sorridere ogni 5 minuti, che riesce ad essere forte e coraggioso, intrepido e divertente, socievole e mai aggressivo? Vi piace correre come pazzi? Nuotare? Rifare l’impianto elettrico?  Ecco, il beagle è proprio il cane che fa per voi. 

Poschina Beagle addicted

I giorni della Merla – Common blackbird’s days

Bene. Molto bene. La maggior parte di voi non se ne è nemmeno accorta semplicemente perchè ho tolto da FB la mia data di nascita e non vi è uscito il reminder in home page….ma ieri, 31 gennaio, era il mio 32esimo compleanno. La cosa è di per sè poco importante e infatti non voglio tediarvi con le mie seghe mentali sul passare del tempo. Nel caso ve lo steste chiedendo non sono depressa per il passare degli anni, sto benissimo nel mio corpo in disfacimento e non sento di aver perso nessun fottuto treno.

Sono qui solo per parlarvi dei giorni della merla.

Ogni anno tedio qualcuno con questa storiella che, essendo nata nell’ultimo di questi giorni, mi è stata raccontata un miliardo di volte. Io adoro questa leggenda. E vorrei tanto potervi trasmettere tutta la tenerezza che mi avvolge quando la sento. Invece vi cuccate il raccontino breve e spersonalizzato.

Once upon a time…

Tanto, tanto tempo fa, i merli erano bianchi. Candidi come neve appena caduta. Un anno ci fu un inverno particolarmente freddo. Tanto freddo che non si trovava niente da mangiare. Tanto freddo che una mamma merla, preoccupata per i suoi piccoli, si mise a cercare ostinatamente un riparo più sicuro del suo nido. Percorse in volo, contrastando la neve e il gelo diversi chilometri prima di notare una casetta dal cui camino usciva un tiepido fumo. Tornò al nido, e con tanta pazienza spronò i piccoli fino a far loro raggiungere la casupola. Si rifugiarono nel comignolo, in un piccolo anfratto tra i mattoni. Rimasero lì tre giorni e tre notti. Gli ultimi tre giorni di gennaio. I più freddi di tutto l’inverno. Fuori il vento ululava e la neve scendeva talmente fitta che sembrava un muro. La mattina del quarto giorno un raggio di sole svegliò i piccoli merli che uscirono dal comignolo per godersi un pò di luce. Stupita, la mamma li guardò saltellare nella neve, neri come il carbone. La fuliggine li aveva anneriti tanto da non lasciare nemmeno un pò di bianco tra le piume. E fu così che i merli divennero neri. 

 

Commovente, no? 

Poschina – let it snow 

p.s. Quello nella foto è un merlo maschio. Le femmine sono brune con becco di uguale colore. 

The Crystal Sheep

Un consiglio. Non cercate The Crystal Ship in google immagini, ne verrà fuori  solo la fiera del trash. Davvero non ne vale la pena. Ah, il titolo non è uno dei miei soliti sgrammaticati, è un gioco di parole tra una splendida canzone dei Doors e una Pecora (in inglese Sheep, appunto).

Essendo la figlia di un uomo che ha letto tutto l’Ulisse di Joyce e che lo ha anche compreso, non posso esimermi dal fare riflessioni profonde sul concetto di crescita, amicizia, amore. Il che si ridurrà ad un paio di considerazioni sconclusionate che alla fine non vi lasceranno nulla, ma lasceranno qualcosa a me e siccome il blog è mio, credo sia più che sufficiente.

Partiamo dal titolo. Dovete sapere che la Sheep del titolo altro non è che una giacca in lana bianca pesante comprata in un negozio di vestiti usati nel lontano ’94/’95. Non ricordo con precisione l’anno e non è nemmeno così importante. Venne chiamata “La Pecora” perchè effettivamente indossandola si somigliava in modo impressionante al suddetto animale e si rischiava, se tanto impavide da sedersi in un prato, di essere braccate e tosate da un pastore di passaggio.

Mi è tornata in mente mentre leggevo un libro di Murakami nel quale il protagonista incontra l’uomo pecora. Il mio cervello ha subito visualizzato me quindicenne con indosso “La Pecora”. E mi sono venute in mente anche un sacco di occasioni in cui l’ho indossata e mi sono successe cose belle, o cose brutte o un cazzo. Ma lei c’era, ad accompagnarmi negli insopportabili anni dell’adolescenza.

Di pensiero in pensiero mi sono trovata a riflettere sulle cose che ho perso. Sulle persone che mi sono scivolate via dalle dita, o che mi hanno lasciata scivolare via dalle loro di dita, senza far nulla per cercare di trattenermi. Quando avevo quattordici anni, un ragazzo mi disse che era bello stare con me a chiacchierare, soprattutto perchè avrebbe potuto essere una delle ultime occasioni per farlo. “Crescerai, è inevitabile. Semplicemente smetteremo di vederci, avrai nuovi amici, ti innamorerai e io e gli altri ragazzi saremo solo un ricordo sbiadito e lontano”. Quando me lo disse pensai diverse cose, ma le più gettonate erano “Eccolo con la fiera delle banalità” e “Io non permetterò che succeda”. A posteriori credo che sia stata una delle ultime chiacchierate che abbiamo fatto, io seduta in braccio a lui. Indossavo un paio di pantaloncini grigi, aderenti e molto corti. Una pinza teneva i capelli raccolti. Non ricordo altro. Era pomeriggio, intorno alle cinque. Minuto più, minuto meno. Stop. Non ricordo cosa indossasse lui, nè se portasse o meno gli occhiali da sole. Ma ora so che aveva ragione.

Sono cresciuta. Non volevo accadesse esattamente in quel modo, ma alla fine l’ho fatto. O meglio. La natura lo ha fatto per me. Sono cresciuta. Mi sono fatta nuovi amici, mi sono innamorata e non ho più visto quel ragazzo. That’s Life. La corrente è arrivata, mi ha presa con sè e mi ha trascinata un po’ ovunque, ma comunque piuttosto lontana dalla quattordicenne chiacchierona che si faceva coccolare in braccio a ragazzi di cui ora non ricorda nemmeno il volto.

Si cresce, si cambia. Si sviluppano strane e inconsuete strategie di sopravvivenza. Si cerca di non farsi mai coinvolgere e si finisce schiacciati dai problemi altrui, delusi, abbandonati.

Si cresce e si provano vette di felicità che non si immaginavano nemmeno, ci si diverte in modo rabbioso e a volte atroce. Si crede di poter spaccare il mondo oppure di poterlo cambiare. Si sorride a tutti, si piange e si soffre.

Da tutto questo processo ne sono uscita con la fastidiosa peculiarità di farmi sempre abbandonare. Non in modo tragico, ma la gente mi avvicina per superare momenti difficili, poi corre a vivere la sua vita lasciando che io rimanga il suo ricordo sbiadito. Non è autocommiserazione. E’ la realtà.

Non mi da nemmeno fastidio. E’ solo un modo di essere. Ci sono persone che mi contattano dicendoi che hanno bisogno di me, di vedermi, di sentirmi, di parlare. Allora io rispondo, le ascolto, mi rendo disponibile a qualsiasi cosa: una telefonata, una pizza, un aperitivo, quattro chiacchiere seduta sul cordolo…. e invece nulla. Dopo che ho ascoltato, cercato di capire, dato la mia totale disponibilità, queste persone tornano nell’oblio dal quale sono venute. Passano mesi prima che mi ricontattino armate, a sentire loro, di voglia di stare con me.

Probabile che sia il mio ruolo nel mondo. Aiuto la gente a sfogarsi e poi torno nella mia tana. Sia chiaro che non credo di fare chissà che cosa, cioè non penso di essere fondamentale o particolarmente utile per quelle persone, ma il solo fatto di rendermi potenzialmente disponibile senza mai rinfacciare che sono nove mesi che non mi cagano, probabilmente è sufficiente a farle stare meglio. Ultimamente un paio di persone di questo genere le ho gentilmente eliminate dalla mia vita. Perchè farsi sfruttare è un conto, ormai riesco a farlo senza soffrirci, ma a patto che il rapporto sia chiaro, che non mi si menta con frasi tipo “mi sei mancata”, “sei molto importante per me” e minchiate simili. Preferisco un generico “siamo amiche” che non significa un cazzo ma che non implica un mio eccessivo coinvolgimento emotivo. Possiamo uscire quando ne hai voglia, o bisogno e poi possiamo fare finta di non esistere l’una per l’altra per mesi. Senza che la cosa mi turbi. Rapporto chiaro e ben definito. La falsità la tollero sempre meno. Molto meno. Sarà la vecchiaia.

E’ che io lo status di amico/a mica lo do a tutti. E quando mi deludono, mi abbandonano, mi sfruttano, beh… raramente perdono. Sono come Nanni Moretti in Bianca.

Non so perchè ma la mia mente ha memorizzato delle immagini chiarissime di alcuni fatti e poi magari nient’altro, solo una polaroid di un determinato momento. Intorno il vuoto. Ma alcuni dettagli sono così chiari e precisi che se chiudo gli occhi è come se fossero successi 5 minuti fa. Persone che hanno attraversato la mia vita e delle quali non so più niente. Persone che ho abbandonato. Altri che mi hanno lasciata sola. Tutti lì, su una bacheca, senza soluzione di continuità. Momenti che rimarranno, non so bene perchè, ancorati nella mia memoria, pronti a saltare fuori quando meno me l’aspetto oppure quando ne ho più bisogno.

Momenti cristallizzati, fragili e indifesi nei meandri del mio cervello.

– Milano Marittima, giornata di pioggia, piadineria. Michele, appena mollato telefonicamente dalla fidanzata mi dice “Eravamo in due, siamo rimasti soli”.

– Antonio che mi viene a prendere in motorino per andare alla festa di MRC in via Savona. Indossavo pantaloni verde oliva morbidi, un tanga nero, una magliettina sbracciata bianca. Era un maggio caldissimo. A.d. 2003.

– Sovere, giornata di pioggia. Anna, Ilaria, Pierangela, Elisa ed io che giocavamo sul mezzanino del 3° piano con le Barbie.

– Casa di Giorgio a Sellere: cacciatorini appesi in sala pronti per essere mangiati. Non ricordo se un kg o due. Memorabile.

– Sovere: io che incido il mio nome nella cappelletta dei “Mortini” con un pezzo di una catena trovato poco prima. Ho ancora la catena.

– San Defendente. Io e Andrea sdraiati per terra nei sacchi a pelo e lui che canta “Porto Recanati, porto dell’amore”.

– 1993. Mare, giornata piovigginosa. Un amico mi butta in acqua mentre indosso un miniabito bianco con disegnata Minnie che la zia Gabry mi ha portato l’anno prima da Los Angeles. Ho ancora il miniabito. E tutte le volte che lo vedo mi rendo conto di quanto fossi piccola.

–  Bologna 2003. Mattina. Le campane della chiesa vicino a casa di Daniela che suonavano e mi sembrvano l’intro di High Hopes dei Pink Floyd.

–  2002. Un sabato mattina. Vado a prendere Lilly al canile con mio papà. Sono sul sedile posteriore con lei per non farla sentire sola. Per tutto il viaggio mi ignora sdraiata sullo stuoino. Poi, al semaforo di Mac Mahon davanti al lice alza il muso, mi annusa una mano e da una timida leccatina. E’ fatta. Si fida.

– Orale di maturità. Indosso pantaloni militari, gazelle blu, felpa adidas blu, t-shirt nera, smalto bianco. Ultima domanda “Bramante a Milano”: l’ultima cosa letta la sera prima.

– Milano, 1985. Entro per la prima volta nel nuovo asilo. Piango. Si avvicina una bimba con splendidi capelli rossi. Mi offre una bambola. Senza una gamba. La bambola ha un vestitino giallo. 

– 2004, Milano. Una delle peggiori serate della mia vita. Indosso jeans, canotta benetton arancione, capelli raccolti con un elastico, scarpe da tennis. Mi sembra di non respirare. 

Ecco le  navi di cristallo che solcano il mare della mia memoria.

Poschina 

God bless Storms

Una delle cose che amo di più in assoluto sono i temporali estivi. Beh, a parte il fottuto terrore che un’eventuale grandinata devasti la mia splendida macchina nuova……. A parte questo piccolissimo particolare, amo il modo in cui riescono ad abbassare la temperatura della mia camera da 27.3 a 23.2 nel giro di una ventina di minuti scarsi e a farmi assaporare la copertina sulle spalle.

Molta gente teme questo scatenarsi di acqua, vento, grandine, lampi, fulmini e tuoni, ma una vita passata a fare le vacanze in montagna mi ha letteralmente vaccinata contro lo spettro della paura. Mi piace aprire leggermente le imposte e sentire la pelle d’oca, mentre i lampi illuminano lo skyline di Cesate e la pioggia battente scroscia incazzata.

Capisco questo sfogo di Madre Natura, se potessi ne scatenerei almeno un paio alla settimana….. 😉

L’essenziale è essere attrezzati. Attrezzatissimi. Come minimo infatti va via la luce. Se va bene per qualche istante o una decina di minuti. Se va male possono passare anche delle ore prima che si ripristini la centralina. In questo malaugurato caso (succede sistematicamente) è essenziale avere a portata di mano le candele. No, non l’Iphone con la sua fottutissima lampada o la luce fredda dei normali cellulari (per intenderci quelli che svolgono solo la loro funzione primaria ossia telefonare e messaggiare).

Quando si è sotto attacco temporalesco, l’essenziale è il caldo, flebile, avvolgente chiarore delle candele. In questo momento infatti sono attrezzata con ben 3 candele Ikea di diverso colore, un comodo piattino su cui sono posate e dei fiammiferi, tutto  ciò che serve per affrontare l’emergenza.

Se poi siete davvero degli estimatori di temporali come la sottoscritta, non potete non sapere che altra cosa essenziale è un thè caldo, una cioccolata, una tisana o una camomilla. Che voi preparerete assolutissimamente a lume di candela e poi porterete sul comodino.

A questo punto non vi resta che armarvi di un ottimo libro giallo (consigliatissima la mitica Zia Agatha) oppure di un romanzo d’amore…se invece siete degli inguaribili tecnodipendenti, prendetevi il portatile e godetevi un bel film dell’orrore o una maratona Twin Peaks o, se avete le palle, La notte dei morti viventi.

Quando malauguratamente il temporale sarò terminato, potrete finalmente scivolare sotto la calda e accogliente copertina, soffiare sulle candele e lasciarvi cullare da Morfeo verso meravigliosi, tranquillizzanti sogni.

 Poschina The Storms Lover

The day after Eclipse

 
Ok, inseriamolo pure nella categria "racconti d’estate".
Se dopo Harry Potter e il principe mezzosangue mi era sembrato che la parola noia avesse assunto un nuovo significato, dopo ieri sera credo di averne colto un ulteriore sfumatura……
 
Ieri sera con appoggio morale e automobilistico di Vale, sono andata a vedere Eclipse.
Primo errore:
– guardare 10 volte la parodia favoloserrima che un illustre sconosciuto ha appena postato su youtube.
Secondo errore:
– avere alle spalle un’intera filmografia adolescenziale e constatare che 20 anni fa, le cose si facevano meglio.
Partiamo con ordine.
 
Bella ama Edward, ma ama anche Jacob.
Fino a qui nulla di strano.
Il problema sorge nel momento in cui lei si ostina a volere essere amicissia di entrambi.
Primo: appartengono a due razze diverse nemiche da semple e bla bla bla.
Secondo: non gliene frega un cazzo di essere amicici.
Lei insiste, persiste, si incazza con uno, si incazza con l’altro…..due palle !!!!
E questo nei primi 10 minuti di film.
Victoria intanto crea un esercito di neonati solo per farla fuori.
 
Letta così, sembrerebbe che ci sia un mucchio di azione, pathos, attrazione sessuale repressa…..
No, niente di tutto questo.
Bella per la prima metà del film ci spiega, con voce fuori campo, quello che sta succendedo.
Grazie, da sola non ci sarei mai arrivata.
Lei ed Edward, che nei libri smanierebbero tanto di sbattersi su quelle favolose lenzuola di raso e sono sistematicamente ansmanti e vogliosi, sembrano perennemente disgustati dal doversi baciare….(non hanno ancora capito il ruolo della lingua nei baci, urge lezione).
Jacob, che nei libri è quantomeno simpatico, è insopportabilmente strafottente, inspiegabilmente perennemente nudo dalla cintola in su, e quando soffre avvolto nelle bende alla fine del film, non posso fare a meno di notare la somiglianza della sua pelle con un budino al cioccolato, o meglio, con la superficie di un budino al cioccolato quando, tolto dal frigo, comincia a trasudare.
 
Scene volutamente comiche:
– Charlie che chiede a Bella se fanno sesso, imbarazzato più che mai (vedere assolutamente la parodia);
– Edward che chiede a Bella se Jacob possiede almeno una camicia;
 
Scene involontariamente comiche:
– Bella che cerca di sedurre Edward e lui che le urla "Non starai tentando di torglierti la camicia?", la sbatte lontano da lui e si riveste alla velocità della luce;
– l’anello che Ed regala  a Bella è agghiacciante;
– Ed che fa la proposta a Bella in un modo così poco romantico e infantile che viene voglia di prenderlo a calci in faccia (avete udito bene, non sbatterselo sulle lenzuola di raso, ma prenderlo a calci in faccia  e correre dal budino);
– in generale i vampiri decollati, che non si capisce bene come mai siano dei manichini…. bah…..
 
2 stelline su 5  per questo episodio della saga, sempre in attesa della versione originale per capire quanto il pessimo doppiaggio abbia influito sul fattore noia.
 
Ora permettetemi di spiegarvi perchè la saga di twilight non funziona.
La filmografia per adolescenti è ricca e vasta.
Alla mia epoca nessuna scrittrice mormona aveva ancora trasformato i vampiri in esseri poco volgiosi di sangue.
Alla mia epoca i film per ragazzi educavano in modo realistico.
Alla mia epoca, a 17 anni, i ragazzi cercavano solo di metterti le mani addosso….e così a 20, a 25 e a 30.
cmq.
 
Eclipse abbatte l’azione in ogni senso…
Avrebbe tanto potuto essere un film che ti tiene con il fiato sospeso, se non altro per quello che avrebbe dovuto essere un triangolo sessual-cultural-amoroso…
Invece niente, nemmeno nella scena della tenda sono riusciti a rendere un minimo di pathos….
 
Mi spiego meglio.
Dirty Dancing.
Baby, dopo lo spettacolo allo Shelldrake, va da Johnny.
Lui è nel suo bungalow da solo.
Lei entra, parlano due minuti in un’atmosfera carica di sesso tanto da farlo grondare come miele ai lati del televisore, lui cerca di resistere e lei gli dice "Balla con me"; si alza e cominciano a ballare.
Ora immaginatevi se Johnny invece di ricambiare le attenzioni di Baby le avesse detto:" Baby, che cosa stai facendo? Io vorrei tanto stare con te, ti voglio in una maniera assurda, ma mi hanno educato a non fare sesso prima del matrimonio quindi rivestiti e smetti di strusciarti contro di me. Però sappi che ti amo, giuro".
Ecco.
Praticamente avrebbero ammazzato l’intero film.
Questo è quello che succede in Eclipse.
Non è il fare o non fare sesso, è proprio la volontà perenne di ostinarsi a spiegare.
Non serve una piegazione scientifica del rapporto sessual-culturale.
Tra l’altro nel libro (sono andata a rivedere per sicurezza) non è proprio così brusca la cosa….è più tipo……"sono eccitato coma una faina nel pollaio, ma siccome quando scopo praticamente sbrano tutto quello che ho a tiro, sarebbe il caso di evitare di farti fuori togliendoti il gusto della tua prima volta e costringendo Esme a comprare un nuovo letto a baldacchino urfido".
Oltretutto manca, nel pezzo finale (quello nella radura con i crocus più grandi del mondo) Edward che cerca di scoparsi Bella perchè non ce la fa più….e lei che lo rifiuta perchè la scrittrice è mormone.
Tra l’altro, in questi tempi caratterizzati dal sesso a 13 anni, è quantomeno anacronistico far vedere adolescenti totalmente asessuati.
Vi giuro di aver sentito adolescenti sghignazzare come pazze alla dichiarazione di Bella "Edward è all’antica su queste cose".
 
Ora vado a rigustarmi la parodia….
Amo quell’uomo….
 
Poschina accaldata
 
 
 
 

FERIE !!!!!

 
Cominciamo con il dire che le ferie sono belle che andate…..
Un minuto di silenzio…..
 
Fatto?
 
Ok.
Siamo al primo giorno di lavoro.
Siamo alle h. 16.09.
Siamo già scazzatissimi.
Parlo al plurale perchè come Gollum anche io ho una doppia personalità.
La Cristina che al momento è alla scrivania a lavorare e La Poschina che aggiorna il blog e medita alla ricerca del business che la renderà ricca.
Entrambe si sono già scazzate.
Poschina decide di ricordarsi gli elementi salienti delle ferie, così…..tanto per non dimenticarli……
 
1 – > La grigliata dal Bochi.
15 ore ininterrotte di cibo, alcool, maglioni, svaccamento, sole, risate, tattoo…..questa è vita.
Ne siamo uscite bordeaux e accaldate ma ne è sicuramente valsa la pena.
 
2 – > Le cascate del Serio.
Arrivati in Valbondione alle 9.30 di una fresca e nuvolosa mattina di Agosto, i 5 dell’oca selvaggia (Betty, Andrea, Antonio, Cristina e Poschina) si incamminano verso il bosco per godere delle cascate…….sulla strada incontrano un simpatico villico (pota) al quale chiedono informazioni……
Il bastardo (pota figa), meglio conosciuto come lo sterminatore solitario di milanesi in ferie, gli indica il sentiero più fresco e ombreggiato…..
I poveri disperati non sapevano che fosse il famigerato sentiero che porta al Curò……45 minuti di arrampicata libera !!!!!
Alla fine stremati ma felici, si godono lo spettacolo dell’apertura della diga del Barbellino….
Ah, la natura !
Ah, i boschi !
Ah, la tauromachia…..
 
3 – > Possimo – Malga Lunga.
In un caldo e assolatissimo pomeriggio di fine agosto, CCNDEN ha un’idea… "Andiamo in Possimo".
Superato l’attacco di panico gli diamo retta e partiamo per la scampagnata.
Dopo 10 minuti esatti Cristina era stravolta….sfatta….sudata…..forse a causa dei Jeans invernali a zampa di elefante…forse.
Arrivati alle fantasme Poschina ha preso il sopravvento con una sferzata di entusiasmo e, complice un po’ di uva, le due donne hanno raggiunto la cima gloriosamente.
Mucche, prati, api, mosche, tafani e tanto sole hanno accompagnato la nostra permanenza sulla vetta…
….ma CCNDEN è come Samara, non dorme mai.
Non contento della performance decide di raggiungere Malga Lunga.
Un’altra ora e mezza di cammino, della quale i primi 25 minuti caratterizzati da terrificanti strappi con pendenze del 100 %, dei quali abbiamo impietose foto delle due donne…..
Dopo un’altra mezz’oretta in un bosco magnifico e un abbondante quarto d’ora nei prati, Madre Natura e un simpatico vecchietto che ci ha rifocillati ci hanno ricompensati della fatica.
In Malga siamo anche riusciti a fare un minitour culturale in un  minimuseo dedicato alla resistenza…
Ma CCNDEN non era ancora contento…..voleva andare sul Corna Lunga.
Grazie a dio era sufficientemente tardi ……
Ah, la natura !
Ah, i boschi !
Ah, la tauromachia…..
 
4 – > Sveva.
Ah…la natura.
Che dire di Sveva….
Bellissima, Morbidissima e soprattutto inggrugnitissima…
ahahahhahahah
Pota figa…..è ingrugnita e incazzosa e poi ci vomita sempre addosso….
Ma l’adoriamo….
Ci siamo rincoglionite dietro alla piccola …. non ai livelli dei nostri genitori ma siamo sulla buona strada.
 
Così sono terminate anche queste ferie.
Tra Grey’s Anatomy ed Edward.
40 gradi all’ombra, molta voglia di relax e pochi soldi…..
Ora è settembre.
Tutta un’altra storia.
 
Poschina e Cristina