Week-end tra donne

Dovete sapere che da un paio d’anni è stata inaugurata una nuova deleteria abitudine nella mia famiglia: il Week-end tra donne. Quest’anno è stato deciso un itinerario all’insegna della cultura e del buon cibo: Sabbioneta/Mantova. Partenza Venerdì h. 14.30 – rientro domenica 16.30. Il trio di donne culturalmente interessate è composto da: Me Medesima – Mamma – Zia.

Non farò i loro nomi, in quanto, appartenendo ad un’epoca antica, non amano essere menzionate sui social network, e questo dimostra prima di tutto che sono effettivamente di un livello culturale superiore e poi che non hanno ancora capito il potere del Social. Oggi, se non hai almeno 14 profili diversi su twitter, non sei nessuno.

Ma passiamo alle cose importanti.

Le cose essenziali da sapere per capire bene lo stato disastrato della compagnia sono le seguenti:

–  guidavo io
–  ero in pre-ciclo
–  ho una fervida immaginazione

Andiamo con ordine

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Arriviamo a Sabbioneta alle 16.30 di un venerdì qualunque. Non piove, non fa freddo ma ci sono le giostre proprio in piazza, ossia esattamente dove c’è la maggior concentrazione di monumenti. Tradotto in parole povere, non si vede quasi una sega. Quasi, perchè fortunatamente la galleria, che scopriamo essere la più lunga di non so cosa, è percorribile e quindi si può godere appieno. Non sto qui a tediarvi con stronzate storiche perchè se volete sapere qualcosa di storico su Sabbioneta è sufficiente aprire Wikipedia e leggere. No, io vi parlo di cose che nessuno ha il coraggio di raccontare, quelle cose comico-raccapriccianti che succedono durante i viaggi ma che ci ostiniamo a nascondere come per esempio:

L’ignoranza Storica

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Passeggiando dopo cena giungiamo ad una delle porte della città (ce ne sono due, entrambe splendide e suggestive) e leggiamo il cartello che ci spiega tutte quelle cose noiose e inutili che mia madre legge con un’avidità sorprendente, mentre io mi fermo alla 4a riga. Riga in cui viene fatto riferimento alla dominazione spagnola di parte della Lombardia. A quel punto, mentre mia madre insiste totalmente ignorata dal resto della compagnia a leggere il cartello informativo, io e mia zia ci perdiamo in discussioni animate sulla presunta dominazione spagnola. Dico presunta perchè entrambe non siamo poi così sicure. All’inizio io ostento un “ma certo che ci hanno dominato…. dopo gli Sforza e prima degli austriaci…” salvo poi ritrattare dopo 2 secondi netti perchè sono conscia che la storia non sia il mio forte. Ci perdiamo una decina di minuti buoni prima che a qualcuno di noi, non ricordo chi, sovvenga la reminescenza liceale dei Promessi sposi, della peste, dei lanzichenecchi e da lì una bella grassa risata a nascondere l’imbarazzo per l’ignoranza dimostrata e via, verso un nuovo dilemma letterario: Romeo è stato inviato a Mantova dopo l’omicidio di Tebaldo per vendicare Mercuzio? La risposta è sì. Ma per sentirmi davvero sicura, cerco sul mio smartphone, chiedo via SMS a mio padre (il quale risponde che non lo sa perchè  a lui interessa solo Giulietta) e mi sforzo talmente tanto da farmi venire l’emicrania … alla fine però sono contenta, non ho passato 30 a studiare per niente. Certo, non so che gli spagnoli hanno dominato la Lombardia, ma so, dopo un notevole sforzo di memoria, che Romeo è stato esiliato a Mantova. Molto ma molto utile. Mentre riflettiamo in silenzio sulla nostra ignoranza. scopriamo una cosa stupefacente:

Mia madre ha la supervista ma traduce il latino A CAZZO !

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Sulla porta c’è una pietra con un’iscrizione in latino (che nessuno di noi conosce e che quindi ignoriamo come se non fosse in effetti la cosa più importante di quel monumento). Io e la zia ci concentriamo per riuscire almeno a distinguere le lettere, mentre mia madre in 3 secondi netti legge tutto, persino le iscrizioni più piccole e più sbiadite. Incredibile. Parte una discussione animata su quanto le lenti a poco prezzo siano migliori delle Zeiss che costano come la rata di un mutuo. E’ il classico superpotere inutile come le unghie di Meg, perchè tutte le scritte vagamente importanti si riveleranno essere in latino quindi mamma in effetti le riesce a leggere, ma poi traduce a cazzo. 
La serata intanto procede tranquilla fino a quando non compare la tanto agognata

Nebbia

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Eccola, finalmente.
Dico finalmente perchè mia madre è ossessionata dall’idea della nebbia. Avrà detto “nebbia” almeno un triliardo di volte in mezza giornata e finalmente, intorno alle 21.30, eccola arrivare. Io avevo appena pronunciato la seguente frase con aria alquanto saccente: “Sapete, non credo che qui, dentro le mura, ci sia il classico nebbione che non si vede ad un palmo di naso, proprio perchè le mura impediscono all’umidità di penetrare nella struttura….” e mentre pontificavo su cose delle quali non so palesemente un cazzo, veniamo avvolte da una coltre di nebbia che nemmeno nei racconti di Maigret….

E dal quel momento la serata svolta.
Sì, perchè la mia fervida immaginazione comincia a viaggiare e mi immagino immersa nella nebbia, con uno splendido vestito ottocentesco mentre mi aggiro per le nebbiose, strette vie di Sabbioneta, intenta a raggiungere il mio amante per una notte di piaceri, manco fossi un’eroina della Kleypas. E non mi toglierò questa sensazione per tutta la sera. Inutile sottolineare che nel mio ottocento ci sono tutte le comodità del 21° secolo, quindi io e il mio amante non puzziamo MAI, nemmeno in piena estate, facciamo docce pornografiche insieme, ci rincorriamo mezzi nudi sulle mura, ci struggiamo per il nostro amore puro, profondo e sincero, ostacolato dalle nostre famiglie….e via dicendo.

E mentre fantastico alla grande e sorrido come una scema protetta dal nebbione, comincia l’ossessiva

Ricerca della Sinagoga

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Forse voi non ci siete mai stati e quindi non potete saperlo ma Sabbioneta è un buco di culo. 20 minuti e l’hai girata tutta un paio di volte. Bellissima ma piccolissima. Quindi il fatto che noi tre non riuscissimo a trovare la Sinagoga stava diventando un problema serio. Esasperate alla fine ci arrendiamo e prendiamo la mappa rubata in hotel dalla quale si evince che siamo passati davanti alla sinagoga almeno 4 volte negli ultimi 5 giri. In effetti, ogni volta che raggiungevamo la piazza venivamo distratte da qualcosa:

– ceramiche nella vetrina di un negozio
– facciata di una chiesa
– telefonate moleste degli uomini
– finestrella molto carina e old style sulla casa di sinistra

in pratica nessuno aveva mai girato la testa verso destra per scoprire che la sinagoga era lì con tanto di cartellone informativo che mia madre ha letto ad alta voce nell’indifferenza generale. E mentre stiamo sghignazzando per la nostra incapacità di vedere le cose sotto il nostro naso giungiamo in una piazzetta dove un particolare diventa fondamentale:

La bifora della zia

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Piazza composta da ben due palazzi con altrettante schede informative tutte per mia mamma, la quale ha anche l’occasione di utilizzare il potere della supervista e della traduzione a cazzo in quanto su entrambi i palazzi sono presenti ben due iscrizioni in latino ormai quasi illeggibili per gente con la vista normale.
Sul palazzo di sinistra spicca una bifora e mia zia si illumina. A Natale giuro le regalo una bifora. Si appassiona a tal punto che quella piazza verrà ricordata e catalogata come “il palazzo con la bifora della zia” e così verrà raccontato ai posteri. Esattamente con queste parole inutili e illuminanti. Anzi, in realtà ad ogni bifora partiva un’esclamazione di giubilo. E capiamoci a Sabbioneta e Mantova le bifore sono come quelli che non si lavano in metropolitana: ovunque.
Il palazzo della bifora è un ex ricovero. O meglio, sul pannello illustrativo c’è solo scritto che nell’anno tal de tali è diventato un ricovero, così mia mamma passa tutta la sera e tutto il giorno dopo a Mantova, rimuginando sul fatto che c’è scritto che è un ricovero ma sembra disabitato.

A nulla valgono le rassicurazioni della zia e mie sul fatto che probabilmente il ricovero è chiuso da anni e che quindi sia perfettamente normale che non ci sia alcuna luce. Conoscendo mia madre si è già fatta un film nel quale i vecchietti del circondario vengono tenuti nel buio più totale e a digiuno, torturati dalla famosa Loggia Massonica Sabbionetana. E questo mi fa venire in mente

L’ossessione di mia madre per le abitazioni e gli abitanti

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Credo che nei 3 gg. passati a Sabbioneta mia madre abbia osservato con ossessività ogni abitante della cittadina cercando di carpire, in base a piccoli dettagli, quale fosse il suo ruolo nel mondo. Allo stesso modo ficcava il naso in ogni citofono, cassetta delle lettere, portone che le capitasse a tiro. Invece di godersi l’atmosfera, passava il tempo chiedendo “Come mai non si vedono luci accese?” oppure “Ma sarà abitata quella casa?” e affermando “Secondo me sono tutte seconde case…. impossibile che non ci siano luci accese”.

La condizione della donna

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Ovunque io vada, sono letteralmente perseguitata dalla “condizione della donna”. Non è colpa mia. A Palazzo Ducale di Mantova, infatti, scopriamo che c’è un’interessantissima mostra che espone ritratti e cimeli delle “donne spose”. Atti notarili nei quali venivano elencate le doti delle spose, contratti prematrimoniali, lettere, ninnoli, e quant’altro. Il tutto a testimonianza di quanto all’epoca il matrimonio fosse solo ed esclusivamente un contratto d’affari.

Tra tutte le meraviglie che ho visto a Palazzo Ducale mi è rimasto impresso il roof garden, bellissimo ed estremamente poetico.

Ma più di tutto il ritratto di “Vecchia popolana che cuce”; una raccapricciante immagine di una vecchiarda che a pensarci been avrà avuto sì e no la mia età e che mi ha fatto riflettere moltissimo su quanto io sia fortunata ad essere nata popolana nel 21° secolo e non nel cinquecento, altrimenti oltre ad essere sfigata e povera, a trent’anni sarei stata anche bruttissima e rugosissima, in procinto di tirare le cuoia, invece di una splendida 33enne coperta da strati e strati di make-up per cercare di mascherare gli di esposizione solare selvaggia.

Parlando di condizione della donna arriviamo al punto chiave

Palazzo Te

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che mi sento di definire senza alcuna vergogna “la cosa più bella che abbia mai visto” e che è stata costruita come “luogo di piacere” in cui confinare l’amante di Francesco Gonzaga, Isabella Boschetti.

Parliamone.

A me ai tempi d’oro in cui ero l’altra, nemmeno un anellino di tolla e a lei PALAZZO TE.
E che cazzo !!!!
Non mi sembra giusto. Pretendo perlomeno delle scuse ufficiali. SUBITO.

Palazzo Te è il palazzo dove ho sempre sognato di vivere. Abbastanza grande per poter stare da soli se si vuole e sufficientemente raccolto da non farti sentire solo dentro. Riccamente decorato, con soffitti straordinari e decorazioni pittoriche da sburro, ha anche una bellissima stanza che è sicuramente la mia stanza preferita al mondo. Una camera, uno spazio per il cesso, vista giardino interno e soprattutto una stanzina più piccola, ma comunicante, per Yoshi. Ovviamente c’è anche l’ala segreta dove io e il mio amante (inutile dire che anche in questa fantasia l’amore  è contrastato) ci incontriamo nella nebbiosa e fredda notte mantovana. Che dire?

Ciao Belli alla prossima.

Poschina

ok. non vi ho detto un’altra cosa

L’ipersensibilità all’emiliano

Non è certo colpa mia se quando sento parlare qualcuno in emiliano/romagnolo mi viene voglia di infrattarmi con lui immediatamente. Vi dico solo che Sabbioneta è vicinissima a Parma. E a Parma il dialetto è emiliano. Quindi uomo dei tortellini e ragazzo della trattoria, ringraziate il mio autocontrollo per avervi risparmiato l’umiliazione di essere ritrovati legati nudi nelle campagne sabbionetane/parmensi parzialmente sbocconcellati dalle nutrie.

3 pensieri su “Week-end tra donne

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