Ho già espresso i miei problemi nel gestire gli acquisti compulsivi in generale, ma quando si parla di tazze o libri, divento patologica. Per questo casa mia è pullulante di tazze e libri, il che apre le porte alla terza compulsione: il tè. Ma questa è un’altra storia. Parliamo di Alice Allevi, la protagonista degli ultimi 3 libri che ho letto.
Prima di tutto le copertine:
Ultimo libro scritto ma prequel. Questo dovrebbe essere sufficiente a farmi incazzare ma ormai mi drogo di valeriana quindi mi limito ad una smorfia schifata. Sì, mi incazzo con il marketing violento. Io che ho sostenuto e sostengo il viral marketing più spietato… vi ricordate che belle le bottigliette di sangue di True Blood? Ecco quello è figo. Scrivere un terzo libro che in realtà è un prequel mi fa imbestialire. Significa spillare soldi al lettore fidelizzato. Ma siccome sono furba l’ho letto per primo ed ho risolto il problema.
Primo libro scritto e dei tre, il migliore. Notare come mi sono fatta fregare: copertina con sega, effetti personali, biglietto da visita. Tutto lascia pensare che si tratti di omicidio/indagine poliziesca/thriller macabro = Poschina si fa irretire come una mosca nella ragnatela del più temibile dei ragni.
Secondo libro scritto. Il rossetto avrebbe dovuto farmi capire tante cose, un po’ come nella sigla di Grey’s Anatomy le scarpe col tacco. Servono a far capire che il Medical verrà sempre e solo dopo la soap. Infatti nella sigla di E.R. nessuno ricorda ci fossero rossetti e tacchi a spillo.
Ma partiamo dall’inizio.
Mi sono piaciuti? Complessivamente sì.
Li consiglio? Dipende.
Leggerò il seguito? Sì. Ma non fa testo, perchè io adoro la serialità.
Racconterò il tutto con spoiler vari, conscia che nessuno legge il mio blog quindi non faccio danni. Soprattutto partirò dal primo libro in ordine cronologico nella vita di Alice.
Alice ha 23 anni, studia medicina, ed è in uno di quei periodi che tutti abbiamo sperimentato all’università. Quando ti chiedi che cazzo ci fai proprio in quel corso che tutto sommato non senti tuo. Per un caso fortuito proprio a casa di sua nonna viene uccisa la badante e lei si trova a contatto con un collega di medicina legale; tale Claudio Conforti, il quale è OVVIAMENTE fighissimo e stronzissimo in egual misura e noi lettori sgamatissimi capiamo nelle prime 5 righe di incontro che lui se la vuole fare. Magari non ora, proprio in questo racconto, magari nemmeno nel prossimo, ma finiranno a letto insieme. Noi lettori sgamatissimi lo sappiamo con la stessa certezza con cui sappiamo che il 25 dicembre sarà Natale.
Questo perchè, per la ben nota Sindrome di Dirty Dancing, quando in un libro/film una ragazza mediocre incontra un figo pazzesco, lui se la vuole fare. Anzi, ad essere pignoli, lui prova un interesse per lei ma non vuole arrendersi all’idea e quindi per 5/6 libri oppure 75/80 minuti combatte il sentimento. Poi cede. Si innamora e tutto va come dovrebbe andare. (Per la cronaca qui di strafighi ce ne sono due. Per non far mancare niente uno è moro e l’altro è biondo). E qui scatta la precisazione: nella vita reale non funziona. MAI.
Prima di passare per quella ipercritica devo dire che la sorpresa più bella di questi libri è l’ironia. Finalmente. Ironia che pochi riescono ad usare senza cadere nel patetico. Momento consiglio: “Sono io che me ne vado” di Violetta Bellocchio. Divertente. Ben scritto. Leggetelo.
Altra cosa positiva la scrittura scorrevole. Niente tempi morti e alcuni personaggi seppur appena accennati, che funzionano molto bene come Yukino, la coinquilina giapponese, che vorrei tanto avere come amica.
Il difetto, e lo dico perchè è anche il mio quando scrivo, è l’assenza di un approfondimento psicologico dei personaggi. Tutti, a partire dalla protagonista, sono appena accennati. Alla fine dei libri ci si accorge di non conoscere mai, veramente, nessuno. Io fatico perfino a figurarmeli. Prendiamo Arthur. Oltre al fatto che è biondiccio e, ovviamente, figodiddio, non sappiamo null’altro di lui. Non mi sono affezionata a lui perchè non ne so nulla. Piccoli assaggi della sua storia personale sono disseminati qua e là, ma essendo l’amore della vita di Alice, forse serviva qualcosa di più. Idem per Claudio. Anche di lui sappiamo poco. Forse in fondo è il meglio caratterizzato, anche se sempre con un’approssimazione eccessiva. Intuiamo l’attrazione di Claudio per Alice. Intuiamo che vorrebbe evitare di comportarsi con lei come fa con le altre, ma lo evinciamo più da quello che ci dicono gli altri che dai gesti o dagli atteggiamenti dell’uomo.
La parte medica è solo un pretesto. Scordatevi Temeprance Brennan o Kay Scarpetta. Dimenticatevele proprio. Qui c’è qualche comparazione del DNA e poco altro. Quindi se cercate la scienza leggete qualcosa d’altro. O guardate CSI.
Simpatizzare con Alice non è difficile. In fondo è una ragazza normale. Fa una vita normale. Frequenta persone normali, e come ciascuno di noi è vittima delle piccole tirannie quotidiane sul posto di lavoro.
Ma.
Ma è irritante oltre modo. Non è possibile che una ragazza così goffa, testarda e idiota, non venga defenestrata immediatamente dal corso di studi, in favore di qualcuno più presente a livello mentale. Alice è perennemente distratta, perennemente annoiata, perennemente in difetto. Il che è oggettivamente troppo. Sarebbe tenera se fosse semplicemente sbadata, ma in alcuni momenti agisce in modo talmente stupido da renderla poco realistica. Nessuna ventiseienne può essere tanto stupida. Questo è oggettivo.
Tuttavia, quando non le fanno fare la scema, il personaggio funziona proprio grazie ad ironia e semplicità. Che non guastano mai.
Purtroppo anche lei fa parte di quell’universo femminile tipicamente anni 2000 ed oltre, nel quale la donna esiste in quanto “illuminata dall’uomo”. E la cosa che mi imbestialisce è che questi racconti sono scritti da donne. Donne che parlano di donne insicure, dipendenti, indecise, perennemente sull’orlo del pianto e del bisogno. Perchè?
Ok, noi donne siamo spesso ipersensibili. Fragili. Insicure. Ma nessuna di quelle che conosco ha bisogno di un uomo (in questo caso due) che le ricordi di valere qualcosa. Mi dispiace vedere che l’immagine che noi donne diamo del nostro sesso, sia sempre e comunque quella di insicurezza e dipendenza dall’uomo. Mi sembra riduttivo, soprattutto se manca, come in questo caso, un’analisi delle ragioni di questo comportamento.
Ma sto esagerando. Si parla di libri per intrattenere e non di trattati filosofici.
A conti fatti, questi libri sono piacevoli. Non capolavori. Ma nemmeno da scartare. E almeno, fino ad ora, Alice non ha scoperto tendenze da Servant (anche se nel rapporto tra lei e Claudio si intravede chiaramente la versione edulcorata del classico rapporto Master & Servant. Altrimenti non ci si spiega perchè lui la maltratti verbalmente in continuazione e lei abbassi sempre lo sguardo sconfitta).
Alice Allevi mi piace. Mi piace la sua aria da ragazzina intraprendente ed insicura. Mi piacciono le descrizioni dell’ambiente di lavoro, l’ironia con cui vive le piccole disfatte, la caparbietà che dimostra nel difendere quello in cui crede.
Basterebbe dare un po’ più di spessore ai personaggi e un po’ più di compattezza alla parte medical, per rendere davvero complete queste storie. Leggendo i libri ora, si ha la sensazione che manchi qualcosa, che sia stato lasciato un non detto, un sospeso. Ed è davvero un peccato, perchè le potenzialità ci sono tutte.
Poschina – un po’ Allevi anche lei….